La legge sul divorzio compie 50 anni
Sono le 5.45 del mattino del 1° dicembre del 1970, quando Sandro Pertini, Presidente della Camera, annuncia all’aula che con 319 favorevoli e 286 contrari il Parlamento italiano approva la legge Fortuna – Baslini in materia di “Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio”.
Dopo cinque anni di battaglia parlamentare, al termine di una seduta fiume inaugurata il 24 novembre è all’alba di quel giorno che il divorzio entra di diritto nella legislazione italiana. Protagonista per il Partito Comunista Italiano di questo lungo dibattito è Nilde Iotti che, in occasione della dichiarazione di voto, introduce il suo intervento rivendicando il ruolo e le ragioni del Pci:
«Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci apprestiamo a dare il nostro voto favorevole alla legge per l’introduzione del divorzio nella legislazione italiana. Alla discussione che ha preceduto questo voto, appassionata, drammatica anche, ma sempre elevata, noi abbiamo dato il nostro contributo di idee: il contributo del più forte partito della classe operaia, e dico questo perché voglio sottolineare ciò che significa la nostra adesione all’introduzione del divorzio. Siamo fermamente convinti di avere agito e di agire in tal modo per il rinnovamento e il progresso del nostro paese. Ciò crediamo, non solo e non tanto perché l’introduzione del divorzio allinea l’Italia con la quasi totalità dei paesi civili – fatto in sostanza ancora formale -, non solo perché esso sana situazioni intollerabili, entra in tante famiglie, onorevole Gonella, per liberarle dal ghetto del ricatto e dell’illegalità; ma soprattutto perché, rompendo l’antica e chiusa concezione del possesso reciproco dei coniugi, fa avanzare il rapporto umano che sta alla base del matrimonio verso un rapporto nuovo che trova nella responsabilità reciproca e insieme nella libertà la sua ragion d’essere.
Noi ci apprestiamo al voto senza trionfalismi – desideriamo sottolineare questo fatto -, consapevoli che questo voto tocca, nel consenso e nel dissenso, l’intiera popolazione nel nostro paese e che esso apre un discorso – per altro, noi riteniamo di democrazia e di civiltà – con le grandi masse di convinzione cattolica, che pone a noi dei problemi verso queste masse; consapevoli soprattutto che esso apre un discorso con voi, colleghi della democrazia cristiana, non su questioni economiche o di organizzazione della società sulla quale ogni giorno ci scontriamo, ma su questioni che sono parte grande – e noi lo sappiamo – delle vostre posizioni ideali. Siamo consapevoli di tutto questo e sentiamo tutta la serietà dei problemi che si aprono dopo questo voto nel pieno e nel vivo della vita sociale e politica del nostro paese. Tuttavia, lasciate dire a me che rappresento la più forte opposizione alla vostra formazione politica, lasciate dire a me che la posizione che voi avete assunta nel corso di questo dibattito fin dall’inizio, anche se con diversi successivi atteggiamenti tattici, dimostra da sola la fragilità della vostra argomentazione».