Mi sono iscritto al Pci nel 1968, all’indomani della condanna, da parte del Partito comunista italiano, dell’invasione sovietica della Cecoslovacchia.

In campo internazionale c’erano comunisti libertari e progressisti e comunisti che usavano metodi liberticidi. C’erano intellettuali comunisti aperti alla modernità e dogmatici fustigatori di ogni coscienza critica. Sicuramente Gramsci era comunista in modo diverso da Stalin e Berlinguer da Brežnev. Si arrivava per vie diverse al comunismo, attraverso anche contaminazioni diverse e la mia esperienza personale è un’esperienza della diversità delle contaminazioni.

Portai il saluto dei Pionieri italiani al IX congresso del Pci. Con il fazzoletto rosso al collo e la camicia bianca, al Palazzo dei congressi dell’Eur, parlai alla tribuna del congresso. Tra gli altri, Togliatti, Longo e Suslov mi ascoltavano con interesse. Non ho mai più parlato ad una platea così importante nel corso di tutta la mia vita.

Sono nato nel Pci non perché sono nato in una famiglia di comunisti italiani, anzi mio padre era un lavoratore che votava per il Partito liberale. Però sono nato in una casa di un palazzo dove c’era la sezione Gramsci del Partito comunista italiano, in un grande comune attorno a Napoli: il comune di Afragola.

Ero giovanissimo e iscritto da poco al Pci. Una sera il famoso Albe Steiner, che era iscritto nella mia stessa sezione, accompagnò in quella sezione Pablo Neruda, che in quegli anni era a Milano ospite di Steiner. Fu una sera di conversazioni memorabile per noi giovani. Gianni Cervetti